Primo Levi: I sommersi e i salvati

Avevo deciso di scrivere una critica sul libro di Primo Levi I sommersi e I salvati. Adesso, dopo averlo riletto ancora una volta (la quarta), penso che la parola “critica” non sia giusta. Io, studentessa di 20 anni, non mi sento all’altezza di giudicare questo libro, di dare la mia opinione sulla storia né sul modo di raccontare le cose, perché tutto quello che è detto nel libro (sfortunatamente) è vero. Per questa ragione preferisco fare una breve presentazione del libro e dire perché mi ha colpito tanto e perché tutti dovrebbero leggerlo. Prima però mi pare opportuno fare una breve presentazione dell'autore, per quelli che non lo conoscono ancora. Primo Levi è nato nel 1919 a Torino, fu deportato nel campo di Auschwitz nel 1944. Sopravvive alla Shoah, e nel 1947 pubblica Se questo è un uomo, il suo primo libro e il suo libro più famoso. Scritto subito dopo il suo ritorno, Se questo è un uomo descrive la vita nei campi di concentramento. La racconta senza censura provando ad essere il più esatto possibile. Fu una delle prime testimonianze fatte da un superstite dei campi d'annientamento. Un libro scritto per dire a tutti quello che era successo, ad un'epoca, subito dopo la guerra, in cui questa verità era molto dolorosa e molto difficile da ascoltare.
Secondo me, è indispensabile evocare Se questo è un uomo prima di parlare dei Sommersi e i salvati, per capire meglio le referenze che fa l'autore, ma è anche possibile leggerlo senza avere letto Se questo è un uomo, perché il soggetto, benché molto vicino, è diverso.
Se questo è un uomo è una testimonianza immediata, scritta quasi durante l'esperienza dei campi. I Sommersi e I salvati è, come indica il sottotitolo dell'edizione francese, una riflessione “quarant'anni dopo Auschwitz” scritta nel 1986, un anno prima della morte di Primo Levi, che si è ucciso nel 1987.
Qui l'autore non racconta dei fatti nuovi (c'è ne sono alcuni però), ma condivide la sua riflessione sul genere umano, visto attraverso il laboratorio che è stato il Lager di Auschwitz. Mostra che i rapporti umani sono completamente diversi nei campi, dove si è creato una vera e propria società indipendente e estranea al mondo normale, quello che conosciamo. Quest'analisi che fa Primo Levi è veramente affascinante.
Uno dei capitoli cruciali del libro si chiama la “zona grigia” e racconta un aspetto quasi mai evocato, quello della collaborazione interna, fatta dagli stessi deportati, nei campi dove i nemici sono dappertutto, anche in seno a uno stesso popolo.
Il libro evoca anche vari temi come la memoria, la comunicazione e la lingua particolare dei campi, la violenza “inutile” fatta ai deportati con lo scopo di avvilirli completamente. Primo Levi risponde anche a delle domande frequenti : “Perché non è scappato ?”, “Perché non vi siete ribellati ?”. Le risposte sono secondo me molto edificanti.
Penso che questo libro, con Se questo è un uomo, sia necessario. Tutti devono sapere cos'è successo, e come è successo. È il nostro dovere: noi uomini liberi dobbiamo sapere esattamente quello che gli Ebrei hanno sopportato, anche se la lettura di tutti gli orrori dei campi è insopportabile. Mi sembra il minimo, sapere e trasmettere, come faceva e voleva Primo Levi. Inoltre, questo libro aiuta molto a capire la natura umana, mostra quello che gli umani sono capaci di fare, ed è assolutamente tremendo. Primo Levi fa un'analisi molto fine e senza odio per il popolo tedesco, o anche per l'oppressore, che “è da punire e da esecrare ma, se possibile, da capire.”
Célia S.